venerdì 10 giugno 2016

Ttip e le novità insidiose contenute nella bozza di accordo commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti


Il trattato trans-atlantico di liberalizzazione per i commerci e gli investimenti ( Ttip ) implica aspetti problematici e rischi anche per le forti implicazioni antidemocratiche.
Scopo dell’accordo siglato nel luglio 2013 è la creazione di un grande mercato mondiale in grado di competere con le altre economie mondiali tra cui quelle di Cina, Brasile ed India mediante la facilitazione degli scambi commerciali tra Europa e Stati Uniti con la modifica di normative e standard e la diminuzione dei dazi doganali.
Ma con l’introduzione del Ttip regolamentazioni e priorità non saranno più decise dai governi nazionali, ma da enti tecnici sovranazionali in base alle necessità richieste delle grandi imprese.
Il Ttip prevede infatti la creazione di 2 organismi tecnici : Investor State Dispute Setltement ( ISDS ) a protezione degli investimenti, attraverso il quale le ditte statunitensi ed italiane avrebbero la facoltà di imporsi sui governi citandoli in giudizio nel caso di introduzione di norme lesive dei loro interessi e Regulatory Cooperation Council costituito da esperti della commissione UE e del competente ministero USA addetto all’analisi costi/benefici di tutte le direttive e misure commerciali, contratti di lavoro o standard di sicurezza vigenti a livello nazionale con facoltà di revoca od introduzione di quelli ritenuti più opportuni.
Conseguenza inevitabile la perdita della sovranità potere autorità decisionale degli Stati e la privazione del controllo di Paesi e cittadini.
Il trattato comporterebbe quindi inevitabilmente lo spostamento delle decisioni dalla scelta democratica a gruppi ridotti di potere.
Le stesse modalità di segretezza in cui si svolgono i negoziati, negando controllo e diritti contemporaneamente, denunciano la natura antidemocratica del trattato.
Una tale interpretazione è palese anche nella volontà di plasmare le normative europee sulle regolamentazioni statunitensi con il risultato dell’abbassamento/ abolizione degli standard dell’UE a tutela della salute, del lavoro ed a protezione dell’ambiente. Standard europei che sono frequentemente più severi e rigorosi rispetto a quelli americani per il principio vigente negli Usa che privilegia la libertà d’impresa delle aziende a scapito dei diritti della comunità.
A fronte di benefici risibili esigui minimi trascurabili : da 0 a +0,5% di PIL nei primi tre anni per un aumento del 2-5% delle esportazioni e da una diminuzione calo della produzione europea e ricadute occupazionali in di alcuni settori ( auto, acciaio, agricoltura) con conseguente perdita di posti di lavoro.
L’accordo, e la liberalizzazione del mercato che propone, rischia si presenta quindi favorevole solo in sostanza agli interessi delle aziende medie grandi e soprattutto multinazionali. 

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