venerdì 27 maggio 2016

Toro de la Vega : vietate l'uccisione dell’animale

Il governo regionale La giunta di Castiglia e Leòn, comunità autonoma nella Spagna del nord, ha proibito l’uccisione del toro durante le manifestazioni popolari. Il decreto, che impedisce solo l’esecuzione dell’animale e non gli “spettacoli” nei quali è utilizzato, è destinata ad avere effetto sul festival del Toro de la Vega che si tiene annualmente nel mese di settembre a Tordesillas, provincia di Valladolid.
La manifestazione consiste nell’inseguimento di un giovane toro, lasciato libero per l’occasione, in un percorso definito nelle vie della cittadina. L’animale terrorizzato viene tormentato dai partecipanti a piedi e a cavallo che lo colpiscono con lance sospingendolo verso un campo dove, stremato ed ormai immobilizzato, subisce il taglio della coda prima di essere abbattuto. L’esecutore del colpo finale che provoca la morte dell’animale riceve dal consiglio comunale una lancia cerimoniale ed una medaglia.
Il festival, molto apprezzato a Tordesillas, è invece fortemente contestato dagli animalisti e per questo il decreto regionale cerca di adattare alla sensibilità odierna un’usanza cinquecentesca. Quindi non vieta lo strazio del toro, ma esclusivamente la sua uccisione che potrà comunque avvenire ad opera di polizia o guardia civile in caso di pericolo per la pubblica incolumità. 
Mentre il comune di Tordesillas, che dovrà decidere se sospendere l’evento od adeguarlo alle nuove disposizioni, ha comunicato ricorso contro il provvedimento che violerebbe, a suo parere, il senso della legge sulla tauromachia. Che in modo alquanto anacronistico continua ad essere applicata in un Paese che si considera civile, ma che ha la necessità di compiere atavici sacrifici animali nelle sue manifestazioni, prima fra tutte lo “spettacolo” della corrida, mettendo in scena la morte dell’innocenza e la follia del male per ricordare che tra Abele e Caino il sopravvissuto è Caino, il quale evidentemente si è riprodotto. 










Bracconaggio e commercio di avorio : condanna storica in Tanzania


Pena esemplare comminata a Kisutu, Tanzania, a due cittadini cinesi accusati di possesso illegale di avorio e tentata corruzione di  funzionari del dipartimento di polizia e della fauna selvatica ( mediante l’offerta di 20.000 dollari in contanti ).  La sentenza della corte ha stabilito  una  reclusione di 30 anni per ciascuno degli imputati o il pagamento di una sanzione di 67 milioni e mezzo di dollari. Ed ha disposto  la distruzione  immediata dell’avorio sequestrato e delle autovetture dei due bracconieri.  
I due  cacciatori,  in Tanzania dal 2010, ( sono stati arrestati nel 2013 dopo numerosi illeciti ) risultavano commercianti di aglio e prodotti ittici  e sono responsabili, insieme ad alcuni  bracconieri locali, dell’uccisione di 226 elefanti ai quali si devono aggiungere i cuccioli che saranno stati inevitabilmente sacrificati. In seguito all’arresto sono state rinvenute 706 zanne di pachidermi alcune custodite anche nella loro abitazione. Ai due cinesi sono state confiscate zanne per 1,8 tonnellate del valore totale ed approssimativo di 1,5 miliardi di dollari. 
La condanna si configura come la più severa  impartita da un  tribunale del Paese africano per i reati di bracconaggio e detenzione illegale di avorio indirizzata a porre  fine al massacro incessante degli elefanti africani della Tanzania. 
In soli 3 anni , dal 2010 al 2013, nel National Park Tanzania sono stati uccisi 892 elefanti   pachidermi e negli anni successivi la carneficina non si è certamente arrestata. Dal momento che  la richiesta ed il commercio dell’avorio sul mercato asiatico sono in costante e vertiginoso aumento. Mentre la continua  diminuzione del numero dei  pachidermi fa presagire l’estinzione della specie nel giro di pochi anni. La pena, per reati di tale entità, pur se appare pesante non è ancora in realtà commisurata al danno arrecato alla perdita di un valore inestimabile come la vita degli esseri viventi. 

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venerdì 20 maggio 2016

Nuova guerra alle nutrie : crudele ed inutile sterminio



Ancora una volta è stata riaperta la caccia alle nutrie. Le amministrazioni regionali dell’Emilia Romagna e del Veneto hanno deliberato nell’aprile scorso piani di abbattimento degli animali che potranno essere soppressi con varie modalità  fino all’eradicazione totale. Accusata di provocare arrecare  danni ambientali e faunistici oltre che alle produzioni agricole la nutria o  castorino è il capro espiatorio della stagione primaverile 2016.
In realtà  il castorino è  un animale dal carattere mite, prettamente vegetariano con una dieta a base di piante acquatiche, erbe, frutti, radici, tuberi soprattutto della vegetazione  limitrofa alle rive dei canali e dei corsi d’acqua.
Originaria del Sud America la nutria è giunta in Italia negli anni venti del Novecento quando furono avviati gli allevamenti di animali da pelliccia sul nostro territorio.  La sua diffusione è avvenuta in seguito alla liberazione degli animali effettuata volontariamente dagli imprenditori alla chiusura degli allevamenti, determinata dall’esaurimento di richiesta della pelliccia di castorino, per evitare i costi di abbattimento e smaltimento delle carcasse.   
Ma contrariamente a ciò che viene frequentemente divulgato  le nutrie non danneggiano le colture poichè si cibano dei vegetali spontanei e solo in assenza di questi si rivolgono alle coltivazioni limitandosi unicamente alla piante più vicine ai canali o corsi d’acqua ( non arrecano dunque danni ai raccolti ). Scavano tane negli argini solo se questi non presentano vegetazione arbustiva o arborea e se non hanno alternativa o in caso di sovraffollamento dovuto alla presenza di allevamenti o a caccia con armi da fuoco ( quindi non provocano danni agli argini ne alle strade od altre  strutture).  Non mangiano uova ( quindi non mettono a rischio l’avifauna ) e non  attaccano l’uomo perchè hanno un’indole timida. Hanno invece parecchi predatori naturali come volpi, lupi, mustelidi, linci, rapaci diurni e notturni , trampolieri (aironi e cicogne ), ma anche lucci e  siluri.
Inoltre non rappresentano alcun pericolo igienico-sanitario  come  dimostrato  dalle  analisi  eseguite  sulle carcasse presso gli Istituti Zooprofiolattici che hanno  evidenziato una  trascurabile casistica di positività a forme di Leptospira ( e la presenza di anticorpi per leptospira non è sinonimo di leptospirosi ne di possibilità di trasmissione di malattia oltre ad essere frequente nella fauna selvatica sana). 
Infine i  precedenti tentativi di eradicazione delle nutrie sono falliti perché, come accade anche per altri animali, in questo modo si realizzano le condizioni per un conseguente incremento della popolazione, in quanto la specie tende a ristabilire l’equilibrio.
Si comprende quindi che il problema nutrie non esiste, l’emergenza è stata creata unicamente allo scopo di giustificare gli affari dell’onnipresente business delle armi e del settore dell’agricoltura mentre i castorini come altre creature si autoregolano naturalmente, evitando la proliferazione eccessiva, e si inseriscono in modo idoneo negli ecosistemi locali.
Cosa che anche la specie umana dovrebbe finalmente imparare a fare.





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venerdì 13 maggio 2016

Il vantaggio della bellezza



Che la bellezza rivesta un ruolo fondamentale per la qualità della esistenza e dell’equilibrio degli esseri viventi è opinione diffusa. Riconoscerla e generarla avviene da sempre, sia per uomini che per animali.
L’attitudine estetica è infatti connaturata negli esseri viventi per i quali oltre ad essere funzionale  alla sopravvivenza ( guida nella ricerca dell’ambiente migliore in cui vivere e di informazioni ecologicamente utili)   include anche l’appagamento di esigenze intrinseche che sono parte integrante del modo di essere delle creature. 
Sicuramente la sua percezione e la sua influenza variano in base all’inclinazione dell’individuo e la sua necessità aumenta nelle circostanze problematiche in virtù della sua facoltà di compensazione degli aspetti avversi dell’esistenza.
Ricerche ed esperienze hanno provato i benefici effetti psico-fisici della bellezza  come evidenziato dalla relazione tra benessere e cortisolo. La natura, la musica, l’esercizio fisico, gli ambienti ed le opere d’arte sono in grado di ridurre i livelli dell’ormone responsabile dello stress.
Il concetto di bellezza non è superficiale o inerente alla sola esteriorità, la bellezza al contrario è portatrice di valori  effettivi. Non può essere svincolata da una valenza positiva che la rende apprezzabile e fruibile, la vera bellezza è infatti  la forma che corrisponde alla sostanza. Poichè l’assenza  di equivalenza alla finalità distruggerebbe anche la piacevolezza dell’immagine annientata dal vuoto contenutistico.
Come afferma l’artista tedesco Ulay “l’estetica senza etica è cosmetica”.



venerdì 6 maggio 2016

Industria ed allevamento degli animali da pelliccia

Il recente caso della chiusura per l’ordine di demolizione ( a causa di un grave abuso edilizio ) dell’allevamento di visoni a San Cataldo ( Mantova)   dopo 41 anni di attività riporta all’attualità il tema degli animali da pelliccia.
Oggi in Italia esistono circa 20 allevamenti di visoni, l’unico animale da pelliccia ancora presente nel nostro Paese mentre in passato erano allevati anche volpi e, negli anni ‘70 ed ‘80, nutrie ( o castorino) e cincillà. Sebbene, secondo il rapporto Eurispes 2015 il 90% degli italiani sia contrario agli allevamenti  degli animali da pelliccia.
Nonostante l’aumentata sensibilità della popolazione al tema dello sfruttamento animale l’Europa prosegue nella tradizione dell’allevamento degli animali da pelliccia.
Settore di cui rimane uno dei maggior produttori del mondo per le pellicce di volpi e di visone destinate principalmente all’esportazione nei Paesi dove si trova il maggior numero di aziende di lavorazione e commercializzazione dei relativi prodotti finiti come Cina e Russia.
In Europa gli allevamenti si concentrano soprattutto in Danimarca per le pelli di visone, in Finlandia per quelle di volpe, a seguire Olanda, Polonia ( dalla caduta del comunismo ha avviato un fiorente mercato di pellicce, soprattutto di visone, ed ha avuto una forte crescita del settore ) e Paesi scandinavi.
Ma poiché l’opinione pubblica è sempre più incline al divieto di questa pratica alcuni Paesi, come Austria, Regno unito, Bosnia, Croazia hanno totalmente proibito l’allevamento, l’Olanda ha emanato un provvedimento di divieto che entrerà in vigore nel 2024 e dal 2013 la Slovenia ha provveduto con l’interdizione di allevamenti ed attività venatoria allo scopo di ricavarne pellicce. Altri nazioni hanno messo in atto provvedimenti idonei a limitarne la produzione. Così in Svezia l’adozione nel 1995 di misure restrittive per gli allevamenti di volpi ha determinato la chiusura di tutte le aziende nel 2000 ( sono però rimasti circa 70 allevamenti di visoni),  l’entrata in vigore nel 2012 di una normativa sul benessere animale in Germania sta provocando la chiusura degli allevamenti che non risultano più abbastanza remunerativi, in Danimarca dal 2009 è stato proibito l’allevamento di volpi e in Svizzera le limitazioni imposte dalla legislazione relativa al benessere animale impedisce di fatto l’esistenza di simili allevamenti ( rimangono però gli allevamenti di visoni).
Ma se in Europa la richiesta di pellicce è drasticamente diminuita è invece progressivamente e considerevolmente cresciuta in Cina, paese diventato, dalla metà degli anni Novanta ‘90, , insieme alla Russia, uno dei principali acquirenti e tra i maggiori produttori mondiali di pelli e pellicce di ogni genere.
Nella nazione cinese le uccisioni avvengono con le modalità più  crudeli per la mancanza di leggi normatrici delle procedure di uccisione degli animali. E riguardano molte specie animali tra cui il murmasky o cane procione, ma anche cani ( soprattutto pastore tedesco il cui pelo è estremamente simile a quella del  murmasky ) e gatti. La pelliccia di questi animali è utilizzata soprattutto per gli accessori, gli inserti e le bordature dei capi invernali e la sua vera natura è celata da etichettature fuorvianti ed ingannevoli ( Asian jackal , sobaki, gae-wolf, ecc. per la pelliccia di cane, wildcat, katzenfelle, goyangi   per quella di gatto).
E pure se sempre più marchi della moda e del lusso rinunciano all’uso delle pellicce vere questo mercato non appare  in crisi.
Infatti il settore risente della crisi economica, è contrastato dal perfezionamento qualitativo delle pellicce sintetiche e boicottato dalle campagne di sensibilizzazione dei cittadini in Europa e in America,  ma è in costante evoluzione e crescita in Paesi dove rappresenta esclusivamente un’industria redditizia e nei quali risulta ancora quasi del tutto assente la riflessione etica relativa al benessere animale.

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